I miomi (detti anche leiomiomi o fibromi) costituiscono la patologia neoplastica benigna più frequente nel sesso femminile tanto che si rinvengono in una donna su 4 durante la vita riproduttiva.
E’ noto che i miomi spesso regrediscono durante la menopausa e talvolta diventano calcifici, mentre durante la gravidanza tendono ad aumentare di volume. Questo comportamento suggerisce che la proliferazione cellulare è direttamente correla alla quantità di estrogeni presenti anche se non sono disponibili studi che correlano direttamente la crescita con la quantità di ormoni.
I leiomiomi sono masse costituite da muscolatura liscia di aspetto a vortice e tessuto connettivo in quantità variabile. Sono ben delimitate, non capsulate, hanno una forma tondeggiante od ovale, sono di consistenza dura e di colore biancastro, anche se quelli di grosse dimensioni possono avere zone di rammollimento (detta degenerazione cistica).
In base alla loro localizzazione sono classificati in:
- MIOMI SOTTOMUCOSI (10% circa), quando sporgono in cavità uterina e sono localizzati prevalentemente nel corpo uterino, raramente interessano l’istmo e la zona iuxtatubarica. In alcuni casi possono essere peduncolati e, quando raggiungono notevoli dimensioni, possono fuoriuscire dal canale cervicale ed affiorare in vagina o eccezionalmente fuoriuscire dalla vagina.
- MIOMI INTRAMURALI (70% circa) si trovano nello spessore del miometrio
- MIOMI SOTTOSIEROSI (20% circa) quando tendono a svilupparsi verso l’esterno dell’utero, sollevando la sierosa e, in alcuni casi, possono essere peduncolati ossia staccati completamente dall’utero, al quale rimangono collegati da un asse vascolare. Questi ultimi sono liberi in addome e possono raggiungere notevoli dimensioni senza dare alcun sintomo
Come vengono diagnosticati i miomi uterini?
La diagnosi avviene spesso casualmente nel corso della visita ginecologica o ancor più durante l’ecografia pelvica transaddominale o transvaginale.
L’esame ecografico è attualmente indispensabile per confermare la presenza del mioma ma è prezioso nel fornire informazioni circa le dimensioni, la localizzazione ed il numero dei miomi. In seguito all’ecografia è possibile pianificare una adeguata condotta terapeutica.
L’ecografia transvaginale è insostituibile quando bisogna valutare l’opportunità di asportare i miomi per via isteroscopica. Infatti, la misura del margine libero miometriale, consente di effettuare l’intervento in sicurezza senza correre il rischio di perforare l’organo.
La sonoisterografia non consente di avere le informazioni che fornisce l’isteroscopia diagnostica, pertanto non è raccomandata nella valutazione pre-intervento.
La risonanza magnetica (RM) e la TAC trovano indicazione nello studio dei miomi di grosse dimensioni che interessano per compressione anche gli organi vicini (intestino, colon-retto e vescica), nonché in caso di sarcomi per valutare il coinvolgimento linfonodale.
L’isteroscopia rappresenta il “gold standard” per lo studio dei miomi intramurali e sottomucosi, perché permette di ottenere informazioni sulle dimensioni, la localizzazione, la distanza dalle tube, la presenza di patologie concomitanti (polipi, infiammazioni, adenocarcinoma)
Quali sono i sintomi del mioma?
Nella maggior parte dei casi il mioma è asintomatico, tuttavia in base alla localizzazione può essere responsabile di alcuni disturbi.
Il mioma a sviluppo sottomucoso generalmente causa mestruazioni abbondanti e lunghe ed in menopausa può essere responsabile di perdite ematiche. Talvolta, quando raggiunge grosse dimensioni, l’utero può addirittura contrarsi nel tentativo di espellerlo e queste contrazioni sono avvertite come molto dolorose dalla donna. La perdita ematica abbondante può essere responsabile di uno stato di anemia cronica.
Il mioma intramurale è talvolta responsabile di mestruazioni dolorose (dismenorrea) perché l’utero durante il flusso mestruale tende a contrarsi e le fibre muscolari, incontrando l’ostacolo del fibroma, provocano una sensazione dolorosa. Anche i miomi intramurali, nonostante non provochino mestruazioni abbondanti, possono causare anemia sideropenica, quasi come se il mioma “sequestrasse sangue”. Condizione che si risolve spontaneamente dopo l’asportazione del mioma.
I miomi sottosierosi o peduncolati sono asintomatici e, nel caso dei secondi, il fastidio può essere riferito a carico degli organi adiacenti che vengono compressi o dislocati dal mioma. Così si spiegano i fastidi che possono essere riferiti anteriormente alla vescica o, posteriormente, al retto.
I miomi possono essere causa di sterilità o di aborti?
Generalmente i miomi sottomucosi possono causare minaccia d’aborto, sotto forma di perdite ematiche, o aborto quando la placenta tende ad impiantarsi sul mioma. Ma in alcuni casi possono anche ostruire le tube e quindi essere direttamente responsabili di sterilità.
Dopo aver asportato i miomi quanto tempo si deve aspettare per rimanere incinta?
Dipende dal numero e dalla localizzazione dei miomi. Quando sono sottosierosi, peduncolati o sottomucosi è possibile attendere anche 2-3 mesi, mentre quando la localizzazione è intramurale ed è necessario un intervento di ricostruzione del muscolo uterino (detto metroplastica) è sempre consigliabile attendere 6 mesi.
Come si comportano i miomi in gravidanza?
I miomi, tranne quelli peduncolati, generalmente tendono ad aumentare durante la gravidanza per poi regredire parzialmente o totalmente. Sono responsabili talvolta di minacce d’aborto e possono causare dolori addominali intensi che generalmente insorgono dopo la 25ma settimana e richiedono il ricovero per terapia tocolitica ed antispastica. Quando interessano la cervice uterina possono addirittura ostacolare il parto per vie naturali e tanto che bisogna ricorrere al taglio cesareo.
E’ possibile asportare il mioma durante un taglio cesareo?
Si, il mioma se di piccole dimensioni o peduncolato può essere asportato durante il taglio cesareo, tuttavia non è possibile stabilirlo apriori, infatti solo al momento il chirurgo deciderà se è opportuno asportarlo senza rischiare emorragie importanti.
Terapia dei Miomi
I miomi uterini possono essere trattati sia con un approccio medico che chirurgico.
E’ essenziale ribadire che non tutti i miomi sono sintomatici e spesso molti di essi devono solo essere tenuti sotto controllo.
La TERAPIA MEDICA dei miomi prevede l’uso di farmaci che possono ridurre i sintomi o ridurre le dimensioni del mioma.
- Progestinici: vengono somministrati per ridurre i sintomi del mioma, ovvero il sanguinamento uterino anomalo, talvolta abbondante e prolungato. Il meccanismo d’azione è quello di indurre atrofia dell’endometrio, così da ridurre in pochi giorni l’entità del sanguinamento. Benché il loro utilizzo sia molto diffuso, i vantaggi purtroppo sono limitati nel tempo, tanto che dopo alcune settimane dalla sospensione i sintomi possono ripresentarsi invariati. Attualmente la terapia con progestinici è considerata provvisoria e non definitiva, capace di risolvere o attenuare temporaneamente i sintomi.
- Analoghi del GnRH: sono stati i primi farmaci utilizzati con l’intento di ridurre le dimensioni dei miomi. Il meccanismo d’azione è quello di ridurre i livelli di estrogeni e di progesterone inducendo – temporaneamente – una menopausa farmacologica. La somministrazione mediante fiale intramuscolo può essere mensile o trimestrale e la durata della terapia dovrebbe essere di 6 mesi. In questo arco temporale si osservano frequentemente la scomparsa dei sintomi e la riduzione del volume del mioma. In passato questa terapia era utilizzata anche in fase pre-operatoria per rendere l’intervento più agevole e sicuro, infatti riducendo contemporaneamente l’irrorazione del mioma esponeva ad un minor rischio emorragico intraoperatorio. Purtroppo però attualmente trova sempre meno utilizzo e ciò è dovuto agli effetti collaterali della terapia ossia dalla comparsa dei tipici sintomi della menopausa (vampate – sudorazione – insonnia) e dei rischi ad essa correlati (rischio cardiovascolare e rischio dell’osteoporosi). I benefici sulla riduzione del mioma sono temporanei tanto da annullarsi dopo 3-6 mesi dalla sospensione. Inoltre anche in sede corso di intervento è stata riscontrata una maggiore difficoltà di individuare i corretti piani di clivaggio del mioma, pertanto anche l’indicazione pre-operatoria è venuta meno. Oggi si ritiene opportuno provare con la somministrazione di analoghi del GnRh in casi selezionati, quando cioè l’età della donna è prossima a quella della menopausa e pertanto anche dopo sei mesi di terapia potrebbero non comparire più i flussi mestruali.
- Ulipristal (Esmya): l’introduzione in commercio di questo farmaco ha consentito di incominciare a trattare – con buoni risultati – i miomi uterini che prima erano suscettibili di terapia chirurgica.
Il meccanismo d’azione è quello di bloccare selettivamente i recettori del progesterone (SPRM) presenti nei fibromiomi. Il farmaco va assunto quotidianamente per via orale per un periodo di tre mesi, dopo questo primo ciclo di terapia deve essere sospeso per un mese, salvo poi essere può essere nuovamente assunto per altri tra mesi e così di seguito per altri due cicli. Ciò che cambia con l’assunzione dell’ulipristal è il volume del mioma, che si riduce anche del 30-40%, inoltre questo farmaco induce spesso amenorrea (assenza di mestruazioni) e, con l’aumento dell’emoglobina, permette di contrastare l’anemia e ripristinare le riserve di ferro nell’organismo. Anche il dolore mestruale (dismenorrea) può risultare notevolmente attenuato e questa condizione può essere anche definitiva dopo la sospensione della terapia. Una nota dell’AIFA ha evidenziato che i pazienti che assumono Esmya devono essere controllati prima e durante la terapia perché è stato segnalato qualche caso di epatite fulminante, a tal riguardo bisogna controllare i valori delle transaminasi prima di assumere il farmaco e durante i mesi di terapia.
La TERAPIA CHIRURGICA consiste nell’asportazione dei miomi e può avvenire per via isteroscopica, laparotomica o laparoscopica.
Quando le dimensioni sono importanti, quando i sintomi sono invalidanti e il mioma non risponde alle terapie mediche o, ancora, quando il fibroma rappresenti un ostacolo per l’insorgenza di una gravidanza è indicato procedere con l’asportazione chirurgica.
In qualche caso le dimensioni ed il numero dei fibromi sono tali che bisogna procedere all’intervento di isterectomia (asportazione dell’utero).
MIOMECTOMIA ISTEROSCOPICA: questo moderno approccio terapeutico rappresenta attualmente il modo migliore per asportare i miomi e risolvere definitivamente i sintomi. E’ reso possibile dall’uso di strumenti sofisticati e miniaturizzati che permettono di rimuovere il mioma senza alcun trauma per il muscolo uterino perché l’introduzione dello strumento avviene attraverso la cervice uterina. I risultati sono eccellenti, tanto che oggi deve essere sempre prima valutata la possibilità di asportare il mioma per via resettoscopica. La localizzazione e l’estensione più che le dimensioni del mioma sono importanti in fase pre-operatoria. L’estensione viene stabilita utilizzando un grading che va da 0 a 2.
Il mioma di grado 0 ha uno sviluppo sottomucoso per una superfice superiore al 50%, o l’angolo che si forma tra la superfice dell’utero ed il mioma è inferiore ai 90°.
Il mioma di grado 1 ha una localizzazione intramurale e sottomucosa in percentuale uguale, mentre il mioma si definisce di grado 2 quando ha uno sviluppo prevalentemente intramurale o l’angolo che si forma tra endometrio e mioma è superiore ai 90 gradi. Questa classificazione proposta già nel 1993 da Wamsteker è quella adottata attualmente anche dalla Società Europea di Endoscopia Ginecologica (ESGE).
MIOMECTOMIA LAPAROTOMICA: quando, per il numero dei miomi, la loro localizzazione e dimensione, non è possibile l’asportazione per via resettoscopica, si ricorre alla via laparotomica. Attraverso un taglio sull’addome si arriva all’utero e si rimuovono i miomi enucleandoli dall’esterno. Segue la metroplastica ossia la ricostruzione dell’organo. Durante questa fase è possibile fare – laddove richiesto – la cromosalpingografia per valutare la pervietà tubarica. Si inietta attraverso il canale cervicale una soluzione colorata col blu di metilene e si osserva il passaggio attraverso le tube ciò si effettua per escludere una sterilità da occlusione delle tube.
MIOMECTOMIA LAPAROSCOPICA: in alcuni casi è possibile asportare miomi per via laparoscopica, ossia utilizzando un foro attraverso l’ombelico in cui viene introdotta un endoscopio collegato con la telecamera e tre piccoli accessi in cui si utilizzano delle piccole pinze con le quali si enuclea il mioma. Questo tipo di intervento può essere eseguito solo in anestesia generale con sedazione della paziente e non con anestesia subaracnoidea (la cosiddetta spinale). Spesso i tempi dell’intervento sono notevolmente aumentati per la necessità di asportare il mioma con un particolare strumento (chiamato morcellatore) che lo trita ed asporta frammenti separati. I giorni di ricovero sono analoghi alla miomectomia eseguita per via laparotomica (salvo complicanze sono abitualmente 3 giorni).
Embolizzazione del Mioma

L’embolizzazione del fibroma è una tecnica radiologica che non prevede l’asportazione del mioma e che consente di evitare quelle complicanze che comportano inevitabilmente anche l’asportazione dell’utero. Previa anestesia locale si introduce un sottile catetere nell’arteria inguinale che raggiunge l’arteria uterina e si evidenziano i vasi che irrorano il mioma. Si iniettano delle microsfere che embolizzano selettivamente l’arteria che nutre il mioma così da ridurne la vascolarizzazione ed ottenere un arresto della crescita o una riduzione marcata (dal 40 al 60%) delle dimensioni del fibroma. I risultati di questa tecnica vanno valutati in un arco temporale di 6 mesi e laddove non si riesca ad ottenere il risultato sperato è comunque possibile sottoporsi ad intervento chirurgico tradizionale senza un aggravamento dei rischi chirurgici. I sintomi (perdite ematiche o dolori mestruali forti) spesso regrediscono in poche settimane dalla tecnica
Ablazione del Mioma con ultrasuoni focalizzati
La tecnica di ablazione con ultrasuoni focalizzati guidati da Risonanza Magnetica (MRgFUS) è una procedura non invasiva che sfrutta un fascio di ultrasuoni focalizzato in un volume molto ridotto che, comportando un aumento locale della temperatura, permette di distruggere le cellule del mioma senza alterare i tessuti circostanti. Questo trattamento conservativo non prevede l’apertura dell’addome, l’asportazione del mioma e consente di preservare l’utero salvaguardando la possibilità di gravidanze future. La procedura è eseguita con il paziente sveglio a pancia in giù all’interno di una apparecchiatura di risonanza magnetica, ed in base alla dimensione dei miomi può durare anche 4 ore. Raramente sono segnalate lesioni intestinali.
Prima del concepimento è comunque necessario attendere sei mesi.
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